La filosofia di Bergson può essere compresa e apprezzata solamente partendo dal contesto filosofico in cui si colloca: il porsi come una tra le reazioni più celebri e meglio riuscite all’imperante positivismo. Davanti ad una concezione della realtà rigidamente spiegabile attraverso leggi meccaniche e conoscibile solo attraverso il metodo scientifico, Bergson si domanda quale sia la specificità della filosofia e, soprattutto, che posto rivestano le scelte, i valori etici, religiosi e artistici dell’uomo.
Sin da subito, Bergson viene considerato il più grande rappresentante dello spiritualismo francese. Tale corrente filosofica:
- - invita a concentrarsi sulla interiorità degli individui, sullo “spirito”, sulla coscienza: una realtà diversa e non assimilabile a quella dominata dallo studio dei fatti naturali;
- - riconosce alla filosofia il peculiare compito di indagare tale realtà, differenziandosi dal metodo e dall’oggetto propri della scienza.
- “spazializzato”: ovvero come una successione di momenti distanti l’uno dall’altro, misurabili, tutti uguali;
- reversibile: ovvero come qualcosa che si può ripresentare uguale a se stesso (per esempio negli esperimenti scientifici).
Ma il tempo della scienza, sebbene sia molto utile nell’organizzazione e nel funzionamento della nostra vita sociale, è molto diverso da ciò che percepiamo attraverso la nostra coscienza. Quest’ultimo è infatti:
- fatto di momenti che non potranno mai più ripresentarsi (irreversibili);
- fatto di momenti qualitativamente diversi l’uno dall’altro;
- continuo: è uno scorrere senza sosta e un sovrapporsi di eventi del passato, presente e futuro.
- fatto di momenti che non potranno mai più ripresentarsi (irreversibili);
- fatto di momenti qualitativamente diversi l’uno dall’altro;
- continuo: è uno scorrere senza sosta e un sovrapporsi di eventi del passato, presente e futuro.
Il tempo della coscienza per Bergson è quello della “durata”, in cui non è possibile distinguere e isolare nessun momento dall’altro e ogni cosa è allo stesso tempo un prodotto del passato e nuova.
Per descrivere la diversità delle due concezioni, il filosofo si serve di due bellissime immagini:
- il tempo della scienza è assimilabile ad una collana di perle, tutte uguali, separabili e disposte lungo una linea retta;
- il tempo della vita è come un gomitolo perché, scrive Bergson, “il nostro passato ci segue, e s’ingrossa senza sosta del presente che raccoglie sul suo cammino”.
- il tempo della scienza è assimilabile ad una collana di perle, tutte uguali, separabili e disposte lungo una linea retta;
- il tempo della vita è come un gomitolo perché, scrive Bergson, “il nostro passato ci segue, e s’ingrossa senza sosta del presente che raccoglie sul suo cammino”.
Bergson può spiegare come ogni nostra azione spirituale (decisione, pensiero) non può in alcun modo essere ridotta ad una pura concomitanza di cause necessarie ed esterne (il sopraggiungere di qualcosa che ci fa arrabbiare ad esempio). Al contrario, quello che siamo, pensiamo e facciamo è ciò che ci caratterizza e che dipende dal nostro passato, dal presente e da come immaginiamo il nostro futuro.
L’uomo nella sua vita spirituale è libero di determinarsi da sé. Tale impostazione è evidente anche nella differenza che Bergson rintraccia tra memoria, ricordo e percezione.
Mentre la memoria, infatti, è la conservazione integrale del nostro passato ad un livello inconscio, il ricordo è un’immagine con cui il nostro cervello recupera una parte della nostra memoria in vista dell’azione. La memoria pura, infatti, è tutto il nostro passato di cui potenzialmente noi potremmo sempre usufruire; ciononostante il ricordo ne rappresenta solo una piccola parte, sottratta all’oblio dal nostro cervello, e trasformata in un’immagine.
La percezione è quella facoltà che ci permette di selezionare i dati che traiamo dal mondo esterno (e che ci sono più utili) e che, spesso, ci dà la possibilità di far affiorare un ricordo (ad esempio: un odore, una sensazione percepita ci rimandano ad un ricordo del passato).
In quello che è considerato il capolavoro di Bergson, L’evoluzione creatrice, il filosofo mira ad una concezione che fa completamente cadere la divisione tra coscienza e natura, materia e spirito e vuole mostrare la realtà come unica e, soprattutto, come interamente dominata dalla “durata”.
Per Bergson, la vita, sia quella biologica sia quella spirituale, deriva da un’unica forza che lui chiama “energia vitale”. Quest’ultima si espande in tutto l’universo e dà origine a tutto ciò che esiste, creando le differenze tra i vari esseri e le varie specie (ed in particolare dando origine ai vegetali e agli animali).
Per chiarire questo concetto, il filosofo ci mostra l’esempio di una mano che affonda in una limatura di ferro: il movimento dell’arto (invisibile) è l’energia vitale, mentre le varie disposizioni dei grani di ferro rappresentano gli esseri e le specie. Non c’è dunque alcun motivo, né alcuna necessità in ciò che è stato creato: noi avremmo potuto essere altro, e ciò che siamo è il risultato di qualcosa che è stato. Quell’unica energia spirituale, infatti, nella sua continua espansione si è ramificata in molti modi possibili, generando la vita materiale.
Analizzando il processo evolutivo, Bergson nota come gli uomini e gli animali (e gli insetti in particolare) abbiano via via affinato due caratteristiche differenti: l’istinto e l’intelligenza: mentre il primo consiste nel sapersi servire di qualcosa di cui disponiamo naturalmente (l’olfatto, il tatto ecc.), il secondo è la capacità di creare e utilizzare oggetti. Istinto e intelligenza non possono mai esistere l’uno senza l’altro, ma l’uomo, all’inizio della sua storia, aveva sopperito ai sui limiti naturali potenziando la sua intelligenza.
Ciò, secondo Bergson, ha dato origine alla scienza che, se è padrona nel campo delle cose materiali, risulta totalmente incapace di comprendere il movimento e il flusso continuo della vita.
L’uomo potrà cogliere ciò che di più intimo esiste nella realtà e il suo continuo fluire, abbandonando l’atteggiamento della scienza e avvicinandosi, invece, alla metafisica. Questa deve procedere non con la ragione ma attraverso l’intuizione: procedere dunque oltre e senza le parole ma servirsi di immagini, dell’arte, che è la sola disciplina in grado di non segmentare la realtà ma di coglierla nella sua unicità.